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LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
4 partecipanti
Pagina 1 di 1
LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
DAL SITO DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Oggetto: Linee guida sull'integrazione scolastica degli alunni con disabilità.
Si trasmette l'unito documento di linee guida con il quale il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca fornisce indicazioni in materia di integrazione degli alunni i disabili nella scuola.
Le direttive impartite si muovono nell'ambito della legislazione primaria e secondaria vigente e mirano ad innalzare il livello qualitativo degli interventi formativi ed educativi sugli alunni portatori di disabilità fisiche, psichiche e sensoriali.
Nel confermare con la massima forza il principio della piena integrazione nelle classi ordinarie ed alla luce delle esperienze pluriennali fin qui condotte, il documento ripercorre le tappe degli interventi come fin qui concretamente realizzati nella pratica operativa al fine di valutarne la reale corrispondenza ai principi e alle norme che disciplinano la materia.
L'obiettivo non è dunque quello di introdurre variazioni nelle disposizioni, fatto peraltro non consentito, quanto di fornire agli operatori scolastici una visione organica della materia che possa orientarne i comportamenti nella direzione di una loro più piena conformità ai principi dell'integrazione. Le SS.LL. avranno cura di dare la massima diffusione alle "linee guida" fra le scuole di ogni ordine e grado dei rispettivi territori di riferimento, richiamando la loro attenzione sulla necessità di adottare ogni possibile modalità per rendere effettive le direttive impartite dall'On.le Ministro.
Si ringrazia per la collaborazione e si resta a disposizione per ogni necessità.
IL VICE DIRETTORE GENERALE
Sergio Scala
PER SCARICARLE:
http://www.istruzione.it/web/istruzione/prot4274_09
Oggetto: Linee guida sull'integrazione scolastica degli alunni con disabilità.
Si trasmette l'unito documento di linee guida con il quale il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca fornisce indicazioni in materia di integrazione degli alunni i disabili nella scuola.
Le direttive impartite si muovono nell'ambito della legislazione primaria e secondaria vigente e mirano ad innalzare il livello qualitativo degli interventi formativi ed educativi sugli alunni portatori di disabilità fisiche, psichiche e sensoriali.
Nel confermare con la massima forza il principio della piena integrazione nelle classi ordinarie ed alla luce delle esperienze pluriennali fin qui condotte, il documento ripercorre le tappe degli interventi come fin qui concretamente realizzati nella pratica operativa al fine di valutarne la reale corrispondenza ai principi e alle norme che disciplinano la materia.
L'obiettivo non è dunque quello di introdurre variazioni nelle disposizioni, fatto peraltro non consentito, quanto di fornire agli operatori scolastici una visione organica della materia che possa orientarne i comportamenti nella direzione di una loro più piena conformità ai principi dell'integrazione. Le SS.LL. avranno cura di dare la massima diffusione alle "linee guida" fra le scuole di ogni ordine e grado dei rispettivi territori di riferimento, richiamando la loro attenzione sulla necessità di adottare ogni possibile modalità per rendere effettive le direttive impartite dall'On.le Ministro.
Si ringrazia per la collaborazione e si resta a disposizione per ogni necessità.
IL VICE DIRETTORE GENERALE
Sergio Scala
PER SCARICARLE:
http://www.istruzione.it/web/istruzione/prot4274_09
Ultima modifica di Maestra Gabriella il Sab Nov 12, 2011 5:52 pm - modificato 3 volte. (Motivazione : reso link attivo)
Re: LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
Corro a leggere, grazie Gabriella!
Questo forum per me è diventato preziosissimo!!!
Un aiuto INDISPENSABILE per il lavoro!
continua così!
Questo forum per me è diventato preziosissimo!!!
Un aiuto INDISPENSABILE per il lavoro!
continua così!
sabrina- Senior Member
- Numero di messaggi : 231
Data d'iscrizione : 11.12.08
Re: LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
grazie !!!! LEGGERE QUESTE BELLE PAROLE, MI Dà LA FORZA DI CONTINUARE NEL PROGETTO DEL FORUM!!!
Grazie di cuore,
Gabriella!
Grazie di cuore,
Gabriella!
Re: LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
Salve, vorrei chiedere all'amministrazione se si possono commentare le indicazioni.......
cristopher- Member
- Numero di messaggi : 17
Data d'iscrizione : 13.07.09
Re: LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
cristopher ha scritto:Salve, vorrei chiedere all'amministrazione se si possono commentare le indicazioni.......
certo!
Devo inserire anche i commenti di Ianes che ha messo online su Facebook!
Christopher , sei libero su questo forum di esprimere la tua opinione!
Saluti, Gabriella
Re: LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
Ecco qua il mio commento.. probabilmente di parte perchè appartengo alla fazione politica opposta.. Ma penso che Il Ministro abbia gettato altro fumo negli occhi.. come dire "Vedete come siamo bravi? Facciamo anche delle linee guida per i disabili.. Vuol dire che ci stanno a cuore" e poi leggendo il documento si vede che è una sorta di trattato pedagogico-storico-legale su ciò che è già stato fatto. E' sempre importante ribadire l'importanza dell'integrazione, che a volte ancora non viene realizzata (anche se ho un anno solo di servizio, mi sono ritrovato in questa situazione e ho lottato con le armi), ma forse se il Ministro ci tenesse davvero ai disabili, davrebbe dovuto iniziare con il non fare tagli nella scuola e nel garantire le comrpesenze, opportunità in più per i bimbi in difficoltà. A mio modo di evdere, infatti, il docente specializzatoi nel sostegno non deve esserci nelle compresenze tra insegnanti curricolari, perchè inutile: le compresenze erano 4 ore in più di sostegno, a mio avviso.
E allora, con molto rammarico, mi dico: più fatti e meno parole
E allora, con molto rammarico, mi dico: più fatti e meno parole
cristopher- Member
- Numero di messaggi : 17
Data d'iscrizione : 13.07.09
Re: LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
cristopher ha scritto:Ecco qua il mio commento..
ma forse se il Ministro ci tenesse davvero ai disabili, davrebbe dovuto iniziare con il non fare tagli nella scuola e nel garantire le comrpesenze, opportunità in più per i bimbi in difficoltà. A mio modo di evdere, infatti, il docente specializzatoi nel sostegno non deve esserci nelle compresenze tra insegnanti curricolari, perchè inutile: le compresenze erano 4 ore in più di sostegno, a mio avviso.
E allora, con molto rammarico, mi dico: più fatti e meno parole
anche io ho letto le linee guida e la penso come te.
Io mi sono battuta quest'anno per non essere utilizzata come tappabuchi ( ogni giorno c'era una supplenza ... ma è possibile???), ma ad ora con tutti questi tagli non so se riuscirò a far valere i diritti dei miei alunni!
sabrina- Senior Member
- Numero di messaggi : 231
Data d'iscrizione : 11.12.08
Re: LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
LA RISPOSTA DI ANDREA CANEVARO
Parte 1: Andrea Canevaro (Università di Bologna)
1. Devo collocare questo documento in un quadro complessivo. Che è costituito, per quanto riguarda la gestione della scuola, in una politica di tagli sia sul personale che sulle risorse dei singoli istituti scolastici, con dirigenti in difficoltà nei rifornimenti più elementari (gessi per le lavagne, carta igienica per i bagni, ecc.); in decisioni che hanno riguardato grembiulini, cinque in condotta, maestro unico… non tutte queste decisioni hanno poi potuto essere tradotte in pratica, fermate in itinere dalla difformità con elementari regole organizzative.
Accanto a tale politica scolastica, ma con evidenti connessioni con quella, vi sono state altre decisioni che formano il quadro. Non è necessario elencarle tutte. Basti ricordare la legge, entrata in vigore l’8 agosto 2009, chiamata per brevità “legge sicurezza” che, tra l’altro, obbliga coloro che sono pubblici ufficiali a denunciare coloro che sono clandestini, essendo la clandestinità non più uno stato di incompletezza ma un reato. Le conseguenze riguardano le cure sanitarie, la registrazione di nascite, i matrimoni e tante pratiche civili che assicurano al popolo dei migranti (gli italiani, e gli italiani del nord est in particolare, lo dovrebbero sapere bene…) un percorso onesto nella legalità.
Ed è proprio la legalità a soffrire. Nonostante le dichiarazioni ministeriali (Ministro Maroni), la lotta all’illegalità non è certo limpida. Un comune (Fondi) inquinato dalle infiltrazioni mafiose e come tale sottoposto alla richiesta di commissariamento da parte della magistratura è invece stato difeso e confermato dal Governo. Il Presidente del Consiglio smentisce frequentazioni di minorenni e partecipazioni a festini. Affari suoi, delle sue amiche e dei suoi amici. Non sono affari suoi le frequentazioni di giri d’affari con personaggi la cui limpidezza (economicamente intesa) è a dir poco discutibile.
Il quadro è questo. Possiamo, o dovremmo, fare finta di niente? O considerare queste considerazioni come “fuori tema”?
2. La questione non è risolvibile con la semplicistica decisione se considerare le Linee guida in relazione o meno al quadro composto da altre decisioni. Dobbiamo prenderci la responsabilità di cercare di capire in che prospettiva si collocano le Linee guida, al di là del loro contenuto “tecnico”. Abbiamo già fatto riferimento al quadro, che è un dato per così dire oggettivo.
E la prospettiva? A volte sentiamo dire che è quella della “politica/spot”. Può anche essere il nome giusto, ma va spiegato cosa significa. Può significare una politica i cui singoli elementi non si richiamano fra loro in un senso di coerenza o congruenza. Secondo una logica “da palinsesto”, ciascun atto andrà per conto suo, come accade per le trasmissioni televisive: si può passare da “L’isola dei famosi” a “Quark”. E così si può passare dalla sottoscrizione di documenti sui diritti umanitari alla proposta di discriminazione degli zingari.
La prospettiva è che non c’è una prospettiva. Almeno intesa come scelta di fondo che guida nella coerenza e nella congruenza le scelte specifiche, cercando di equilibrare i dati di realtà e i suggerimenti dell’idealità, e cercando di creare una logica di priorità compatibili.
L’assenza di una prospettiva è la “politica/spot”? Può essere, e questo spiega come stiano insieme istanze di tipo nazionale e istanze localistiche, spinte all’unità e spinte alla disgregazione…
La prospettiva della “politica/spot” può disorientare. Chi legge le Linee guida avendo letto la “legge sicurezza” si può sentire confuso. E questo può portare a non saper più compiere scelte su base riflessiva razionale, ma, come per gli spot pubblicitari, suggerite da suggestioni non sempre chiare.
La logica “da palinsesto” è invadente. Si insinua anche nel singolo atto.
Le Linee guida dicono:
“Il decentramento avvenuto nell’ultimo decennio e la conseguente assunzione di responsabilità da parte degli organi decentrati - nell’ambito delle materie ad essi attribuite - fa assumere agli Uffici Scolastici Regionali un ruolo strategico ai fini della pianificazione/programmazione/ ”governo” delle risorse e delle azioni a favore dell’inclusione scolastica degli alunni disabili”
Ma gli Uffici Scolastici Regionali sono stati svuotati di risorse e di possibilità reali. Come potranno realmente assumere la responsabilità di
“un ruolo strategico ai fini della pianificazione/programmazione/”governo” delle risorse [quali?] e delle azioni a favore dell’inclusione scolastica degli alunni disabili”.
Senza risorse (a costo zero?), come potranno organizzare
“attività di formazione per dirigenti scolastici e personale della scuola (ivi compreso il personale ATA) al fine di implementare e diffondere la cultura dell’inclusione e della “presa in carico” complessiva dell’alunno disabile da parte del sistema scuola; favorire la costituzione di reti territoriali per la realizzazione sia delle attività formative sia di ogni altra azione a favore dell’inclusione, al fine di renderla più rispondente alle realtà di contesto e alle esperienze di vita dei soggetti. La “rete” di scuole, inserita all’interno dei tavoli di concertazione /coordinamento territoriali, appare essere lo strumento operativo più funzionale per la realizzazione di interventi mirati, aderenti al contesto, compatibili con le opportunità e le risorse effettivamente disponibili. Le “reti” consentono l’incremento di azioni volte a favorire la piena valorizzazione delle persone, la crescita e lo sviluppo educativo, cognitivo e sociale del singolo discente mediante percorsi individualizzati interconnessi con la realtà sociale del territorio, nella prospettiva di creare legami forti e senso di appartenenza; e potenziare il ruolo e il funzionamento dei Centri di Supporto Territoriale istituiti dal Progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità”, nonché quello dei Centri di Documentazione /Consulenza/Ascolto in quanto luoghi “dedicati” per realizzare e far circolare esperienze, disporre di consulenze esperte, costituire effettive comunità di pratiche.”
Autonomia e decentramento diventano le parole che, manipolate con abilità da giocolieri, propongono una continua periferizzazione dei confitti: il continuo spostamento di ogni elemento conflittuale in un “altrove periferico”. Le responsabilità della sicurezza degli edifici scolastici (dovrebbe riguardare tutti, compresi i soggetti con bisogni speciali) ad esempio, è dell’autorità periferica, che però non ha risorse per esercitarla… Ma intanto, a quella stessa autorità vengono indirizzate le eventuali rimostranze.
I due aspetti - dell’attribuzione di compiti senza dotazioni per la loro realizzazione; e del decentramento/allontanamento delle problematiche conflittuali – si ritrovano in questi altri punti delle Linee guida:
“Gli ambiti territoriali diventano il luogo privilegiato per realizzare il sistema integrato di interventi e servizi e lo snodo di tutte le azioni, tramite la costituzione di tavoli di concertazione/ coordinamento – all’interno dei quali c’è la “rete” di scuole composti dai rappresentanti designati da ciascun soggetto ((istituzionale o meno) che concorre all’attuazione del progetto di vita costruito per ciascun alunno disabile.
E’, infatti, proprio nella definizione del progetto di vita che si realizza l’effettiva integrazione delle risorse, delle competenze e delle esperienze funzionali all’inclusione scolastica e sociale.
I prioritari ambiti di intervento sono riconducibili a:
1. formazione (poli specializzati sulle diverse tematiche connesse a specifiche disabilità /banche dati/anagrafe professionale/consulenze esperte);
2. distribuzione/allocazione/dotazione risorse professionali (insegnanti specializzati, assistenti ad personam, operatori, educatori, ecc.);
3. distribuzione/ottimizzazione delle risorse economiche e strumentali (fondi finalizzati all’integrazione scolastica, sussidi e attrezzature, tecnologie, ecc.);
4. adozione di iniziative per l’accompagnamento dell’alunno alla vita adulta mediante esperienze di alternanza scuola-lavoro, stage, collaborazione con le aziende del territorio”.
Dobbiamo anche notare che le Linee guida parlano di risorse professionali indicando professioni (insegnanti specializzati, assistenti ad personam, operatori, educatori, ecc.) per le quali mancano chiarezze formative e riconoscimenti di titoli. L’assenza di tali indicazioni favorisce il lavoro nero, che costa apparentemente meno. Apparentemente, perché porta a progetti fragili, e quindi nel tempo più costosi e con risultati incerti.
L’assenza di prospettiva unitaria di sviluppo, rende la scena affollata di figure professionali senza indicazioni di indirizzi operativi professionali differenziati. Immaginiamo che a questo rilevo potrebbe esserci la risposta che la libertà individuale è sacra. Ma l’assenza di indicazioni fa correre il rischio di indurre tutti a rinforzare il modello del rapporto diadico del sostegno. Per questo, crediamo di dover riflettere propositivamente alla differenziazione di compiti fra Insegnante Specializzato ed Educatore Sociale (vedi riquadro).
3. Le Linee guida parlano di buone prassi. Questa espressione, se intesa nel suo significato più autentico, è il contrario della “politica/spot”, della logica “da palinsesto”. Una “buona prassi” non è un episodio di qualità inerte e che accontenta e si accontenta per suo conto. E’ un pezzo di un mosaico più grande che, nella prospettiva dell’inclusione, ha un orizzonte che si sposta e si allarga sempre. Una buona prassi esige la coerenza dell’intera organizzazione, che deve diventare buona organizzazione complessa.
Il quadro delineato al punto 1 di questi commenti deve cambiare, se ciò che di buono leggiamo nelle Linee guida vuole essere credibile. Diversamente lo riterremo un documento che potrebbe anche avere un buon voto, ma chiuso in una “nicchia tecnica” che lo rende inerte, e quindi poco credibile.
L’Insegnante Specializzato per l’integrazione scolastica di soggetti con “bisogni speciali” dovrebbe fare molta attenzione al rischio della permanenza del rapporto diadico.
Abbiamo l’impressione che non solo questo rischio non venga molto percepito, ma che sia considerato come un modello da perseguire. E questo anche per una ragione umanamente del tutto comprensibile. E’ accaduto che le “politiche dei tagli delle spese” abbiano utilizzato argomentazioni confusamente promozionali per giustificarsi. E questo non poteva che suscitare un giusto sospetto e mettere in cattiva luce ogni ragionamento che sviluppasse il superamento del rapporto diadico.
Vogliamo richiamare l’attenzione sulla possibilità che entri in gioco la figura dell’Educatore Sociale, e che a questi sia richiesto un accompagnamento competente verso la vita indipendente.
Attualmente, l’Educatore è già presente, ma in condizioni quanto mai confuse e precarie. E tali condizioni fanno sì che le sue funzioni vengano subordinate al rapporto diadico, nel senso che viene percepito come sussidiario rispetto all’Insegnante Specializzato che dovrebbe essere di sostegno all’integrazione.
In questo modo, l’Educatore Sociale finisce per essere un Insegnante detto “di sostegno” di categoria inferiore. Agisce riempiendo i buchi lasciati dal ridotto numero di ore dell’Insegnante Specializzato. E agisce per consolidare il rapporto diadico. Che riteniamo vada superato in un processo evolutivo. E proprio per questo, proponiamo il seguente schema:
- L’Insegnante Specializzato per l’integrazione scolastica di soggetti con “bisogni speciali” agisce in riferimento al progetto scolastico.
- L’Educatore Sociale agisce per il progetto di vita.
- Entrambe agiscono per la vita indipendente.
Un Educatore Sociale potrebbe farsi carico di tre soggetti, con età diverse. Un soggetto in età infantile, con esigenze di impegno di tempo di una certa rilevanza (tempo forte); un soggetto in età preadolescenziale, con esigenze di impegno di tempo di minor rilevanza (tempo medio); e un soggetto in età adolescenziale/adulta con esigenze di impegno di tempo minime (tempo debole).
Ancora schematicamente:
- il tempo forte risponde alle esigenze di un accompagnamento assiduo nella quotidianità, per la conquista di autonomie di base, di strumenti di comunicazione sociale, di gestione del tempo e dello spazio.
- Il tempo medio risponde alle esigenze di consolidamento delle abilità di base in diversi contesti di vita sociale.
- Il tempo debole risponde alle esigenze di avere un punto di riferimento (regia) nello sviluppo del proprio progetto di vita responsabile.
L’impiego di ausili deve rispondere alle stesse esigenze evolutive, evitando di essere inteso come sostituto ausiliario in un rapporto diadico.
Quanto abbiamo illustrato è un riferimento schematico, che va, evidentemente, adattato nelle concrete realtà. Un soggetto con diagnosi e situazione complesse può avere bisogni più intensi e tali da far venir meno il rapporto a tre, e non fare raggiungere pienamente il tempo debole.
Lo schema illustrato vorrebbe favorire un rapporto coevolutivo, e prevenire rischi quali la dipendenza del Soggetto, il burn out dell’Educatore…
Nello stesso tempo, cercando di individuare un sistema di cure formative formalizzato, vorremmo introdurre elementi di minor precarietà e maggiore stabilità. Questo permette di investire sulla formazione come vettore di qualità dell’intervento.
Parte 1: Andrea Canevaro (Università di Bologna)
1. Devo collocare questo documento in un quadro complessivo. Che è costituito, per quanto riguarda la gestione della scuola, in una politica di tagli sia sul personale che sulle risorse dei singoli istituti scolastici, con dirigenti in difficoltà nei rifornimenti più elementari (gessi per le lavagne, carta igienica per i bagni, ecc.); in decisioni che hanno riguardato grembiulini, cinque in condotta, maestro unico… non tutte queste decisioni hanno poi potuto essere tradotte in pratica, fermate in itinere dalla difformità con elementari regole organizzative.
Accanto a tale politica scolastica, ma con evidenti connessioni con quella, vi sono state altre decisioni che formano il quadro. Non è necessario elencarle tutte. Basti ricordare la legge, entrata in vigore l’8 agosto 2009, chiamata per brevità “legge sicurezza” che, tra l’altro, obbliga coloro che sono pubblici ufficiali a denunciare coloro che sono clandestini, essendo la clandestinità non più uno stato di incompletezza ma un reato. Le conseguenze riguardano le cure sanitarie, la registrazione di nascite, i matrimoni e tante pratiche civili che assicurano al popolo dei migranti (gli italiani, e gli italiani del nord est in particolare, lo dovrebbero sapere bene…) un percorso onesto nella legalità.
Ed è proprio la legalità a soffrire. Nonostante le dichiarazioni ministeriali (Ministro Maroni), la lotta all’illegalità non è certo limpida. Un comune (Fondi) inquinato dalle infiltrazioni mafiose e come tale sottoposto alla richiesta di commissariamento da parte della magistratura è invece stato difeso e confermato dal Governo. Il Presidente del Consiglio smentisce frequentazioni di minorenni e partecipazioni a festini. Affari suoi, delle sue amiche e dei suoi amici. Non sono affari suoi le frequentazioni di giri d’affari con personaggi la cui limpidezza (economicamente intesa) è a dir poco discutibile.
Il quadro è questo. Possiamo, o dovremmo, fare finta di niente? O considerare queste considerazioni come “fuori tema”?
2. La questione non è risolvibile con la semplicistica decisione se considerare le Linee guida in relazione o meno al quadro composto da altre decisioni. Dobbiamo prenderci la responsabilità di cercare di capire in che prospettiva si collocano le Linee guida, al di là del loro contenuto “tecnico”. Abbiamo già fatto riferimento al quadro, che è un dato per così dire oggettivo.
E la prospettiva? A volte sentiamo dire che è quella della “politica/spot”. Può anche essere il nome giusto, ma va spiegato cosa significa. Può significare una politica i cui singoli elementi non si richiamano fra loro in un senso di coerenza o congruenza. Secondo una logica “da palinsesto”, ciascun atto andrà per conto suo, come accade per le trasmissioni televisive: si può passare da “L’isola dei famosi” a “Quark”. E così si può passare dalla sottoscrizione di documenti sui diritti umanitari alla proposta di discriminazione degli zingari.
La prospettiva è che non c’è una prospettiva. Almeno intesa come scelta di fondo che guida nella coerenza e nella congruenza le scelte specifiche, cercando di equilibrare i dati di realtà e i suggerimenti dell’idealità, e cercando di creare una logica di priorità compatibili.
L’assenza di una prospettiva è la “politica/spot”? Può essere, e questo spiega come stiano insieme istanze di tipo nazionale e istanze localistiche, spinte all’unità e spinte alla disgregazione…
La prospettiva della “politica/spot” può disorientare. Chi legge le Linee guida avendo letto la “legge sicurezza” si può sentire confuso. E questo può portare a non saper più compiere scelte su base riflessiva razionale, ma, come per gli spot pubblicitari, suggerite da suggestioni non sempre chiare.
La logica “da palinsesto” è invadente. Si insinua anche nel singolo atto.
Le Linee guida dicono:
“Il decentramento avvenuto nell’ultimo decennio e la conseguente assunzione di responsabilità da parte degli organi decentrati - nell’ambito delle materie ad essi attribuite - fa assumere agli Uffici Scolastici Regionali un ruolo strategico ai fini della pianificazione/programmazione/ ”governo” delle risorse e delle azioni a favore dell’inclusione scolastica degli alunni disabili”
Ma gli Uffici Scolastici Regionali sono stati svuotati di risorse e di possibilità reali. Come potranno realmente assumere la responsabilità di
“un ruolo strategico ai fini della pianificazione/programmazione/”governo” delle risorse [quali?] e delle azioni a favore dell’inclusione scolastica degli alunni disabili”.
Senza risorse (a costo zero?), come potranno organizzare
“attività di formazione per dirigenti scolastici e personale della scuola (ivi compreso il personale ATA) al fine di implementare e diffondere la cultura dell’inclusione e della “presa in carico” complessiva dell’alunno disabile da parte del sistema scuola; favorire la costituzione di reti territoriali per la realizzazione sia delle attività formative sia di ogni altra azione a favore dell’inclusione, al fine di renderla più rispondente alle realtà di contesto e alle esperienze di vita dei soggetti. La “rete” di scuole, inserita all’interno dei tavoli di concertazione /coordinamento territoriali, appare essere lo strumento operativo più funzionale per la realizzazione di interventi mirati, aderenti al contesto, compatibili con le opportunità e le risorse effettivamente disponibili. Le “reti” consentono l’incremento di azioni volte a favorire la piena valorizzazione delle persone, la crescita e lo sviluppo educativo, cognitivo e sociale del singolo discente mediante percorsi individualizzati interconnessi con la realtà sociale del territorio, nella prospettiva di creare legami forti e senso di appartenenza; e potenziare il ruolo e il funzionamento dei Centri di Supporto Territoriale istituiti dal Progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità”, nonché quello dei Centri di Documentazione /Consulenza/Ascolto in quanto luoghi “dedicati” per realizzare e far circolare esperienze, disporre di consulenze esperte, costituire effettive comunità di pratiche.”
Autonomia e decentramento diventano le parole che, manipolate con abilità da giocolieri, propongono una continua periferizzazione dei confitti: il continuo spostamento di ogni elemento conflittuale in un “altrove periferico”. Le responsabilità della sicurezza degli edifici scolastici (dovrebbe riguardare tutti, compresi i soggetti con bisogni speciali) ad esempio, è dell’autorità periferica, che però non ha risorse per esercitarla… Ma intanto, a quella stessa autorità vengono indirizzate le eventuali rimostranze.
I due aspetti - dell’attribuzione di compiti senza dotazioni per la loro realizzazione; e del decentramento/allontanamento delle problematiche conflittuali – si ritrovano in questi altri punti delle Linee guida:
“Gli ambiti territoriali diventano il luogo privilegiato per realizzare il sistema integrato di interventi e servizi e lo snodo di tutte le azioni, tramite la costituzione di tavoli di concertazione/ coordinamento – all’interno dei quali c’è la “rete” di scuole composti dai rappresentanti designati da ciascun soggetto ((istituzionale o meno) che concorre all’attuazione del progetto di vita costruito per ciascun alunno disabile.
E’, infatti, proprio nella definizione del progetto di vita che si realizza l’effettiva integrazione delle risorse, delle competenze e delle esperienze funzionali all’inclusione scolastica e sociale.
I prioritari ambiti di intervento sono riconducibili a:
1. formazione (poli specializzati sulle diverse tematiche connesse a specifiche disabilità /banche dati/anagrafe professionale/consulenze esperte);
2. distribuzione/allocazione/dotazione risorse professionali (insegnanti specializzati, assistenti ad personam, operatori, educatori, ecc.);
3. distribuzione/ottimizzazione delle risorse economiche e strumentali (fondi finalizzati all’integrazione scolastica, sussidi e attrezzature, tecnologie, ecc.);
4. adozione di iniziative per l’accompagnamento dell’alunno alla vita adulta mediante esperienze di alternanza scuola-lavoro, stage, collaborazione con le aziende del territorio”.
Dobbiamo anche notare che le Linee guida parlano di risorse professionali indicando professioni (insegnanti specializzati, assistenti ad personam, operatori, educatori, ecc.) per le quali mancano chiarezze formative e riconoscimenti di titoli. L’assenza di tali indicazioni favorisce il lavoro nero, che costa apparentemente meno. Apparentemente, perché porta a progetti fragili, e quindi nel tempo più costosi e con risultati incerti.
L’assenza di prospettiva unitaria di sviluppo, rende la scena affollata di figure professionali senza indicazioni di indirizzi operativi professionali differenziati. Immaginiamo che a questo rilevo potrebbe esserci la risposta che la libertà individuale è sacra. Ma l’assenza di indicazioni fa correre il rischio di indurre tutti a rinforzare il modello del rapporto diadico del sostegno. Per questo, crediamo di dover riflettere propositivamente alla differenziazione di compiti fra Insegnante Specializzato ed Educatore Sociale (vedi riquadro).
3. Le Linee guida parlano di buone prassi. Questa espressione, se intesa nel suo significato più autentico, è il contrario della “politica/spot”, della logica “da palinsesto”. Una “buona prassi” non è un episodio di qualità inerte e che accontenta e si accontenta per suo conto. E’ un pezzo di un mosaico più grande che, nella prospettiva dell’inclusione, ha un orizzonte che si sposta e si allarga sempre. Una buona prassi esige la coerenza dell’intera organizzazione, che deve diventare buona organizzazione complessa.
Il quadro delineato al punto 1 di questi commenti deve cambiare, se ciò che di buono leggiamo nelle Linee guida vuole essere credibile. Diversamente lo riterremo un documento che potrebbe anche avere un buon voto, ma chiuso in una “nicchia tecnica” che lo rende inerte, e quindi poco credibile.
L’Insegnante Specializzato per l’integrazione scolastica di soggetti con “bisogni speciali” dovrebbe fare molta attenzione al rischio della permanenza del rapporto diadico.
Abbiamo l’impressione che non solo questo rischio non venga molto percepito, ma che sia considerato come un modello da perseguire. E questo anche per una ragione umanamente del tutto comprensibile. E’ accaduto che le “politiche dei tagli delle spese” abbiano utilizzato argomentazioni confusamente promozionali per giustificarsi. E questo non poteva che suscitare un giusto sospetto e mettere in cattiva luce ogni ragionamento che sviluppasse il superamento del rapporto diadico.
Vogliamo richiamare l’attenzione sulla possibilità che entri in gioco la figura dell’Educatore Sociale, e che a questi sia richiesto un accompagnamento competente verso la vita indipendente.
Attualmente, l’Educatore è già presente, ma in condizioni quanto mai confuse e precarie. E tali condizioni fanno sì che le sue funzioni vengano subordinate al rapporto diadico, nel senso che viene percepito come sussidiario rispetto all’Insegnante Specializzato che dovrebbe essere di sostegno all’integrazione.
In questo modo, l’Educatore Sociale finisce per essere un Insegnante detto “di sostegno” di categoria inferiore. Agisce riempiendo i buchi lasciati dal ridotto numero di ore dell’Insegnante Specializzato. E agisce per consolidare il rapporto diadico. Che riteniamo vada superato in un processo evolutivo. E proprio per questo, proponiamo il seguente schema:
- L’Insegnante Specializzato per l’integrazione scolastica di soggetti con “bisogni speciali” agisce in riferimento al progetto scolastico.
- L’Educatore Sociale agisce per il progetto di vita.
- Entrambe agiscono per la vita indipendente.
Un Educatore Sociale potrebbe farsi carico di tre soggetti, con età diverse. Un soggetto in età infantile, con esigenze di impegno di tempo di una certa rilevanza (tempo forte); un soggetto in età preadolescenziale, con esigenze di impegno di tempo di minor rilevanza (tempo medio); e un soggetto in età adolescenziale/adulta con esigenze di impegno di tempo minime (tempo debole).
Ancora schematicamente:
- il tempo forte risponde alle esigenze di un accompagnamento assiduo nella quotidianità, per la conquista di autonomie di base, di strumenti di comunicazione sociale, di gestione del tempo e dello spazio.
- Il tempo medio risponde alle esigenze di consolidamento delle abilità di base in diversi contesti di vita sociale.
- Il tempo debole risponde alle esigenze di avere un punto di riferimento (regia) nello sviluppo del proprio progetto di vita responsabile.
L’impiego di ausili deve rispondere alle stesse esigenze evolutive, evitando di essere inteso come sostituto ausiliario in un rapporto diadico.
Quanto abbiamo illustrato è un riferimento schematico, che va, evidentemente, adattato nelle concrete realtà. Un soggetto con diagnosi e situazione complesse può avere bisogni più intensi e tali da far venir meno il rapporto a tre, e non fare raggiungere pienamente il tempo debole.
Lo schema illustrato vorrebbe favorire un rapporto coevolutivo, e prevenire rischi quali la dipendenza del Soggetto, il burn out dell’Educatore…
Nello stesso tempo, cercando di individuare un sistema di cure formative formalizzato, vorremmo introdurre elementi di minor precarietà e maggiore stabilità. Questo permette di investire sulla formazione come vettore di qualità dell’intervento.
Re: LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
LA RISPOSTA DI DARIO IANES
Parte 2: Dario Ianes (Università di Bolzano)
Il mio amico Francesco Ganzaroli (Bomba H) mi aveva avvisato: “Queste Linee Guida sono una trappola, non cadiamoci dentro per commentarle punto su punto! Sono belle parole spot, per nascondere un sostanziale disimpegno governativo sulla questione”. Ma invece vanno lette e commentate con cura, tenacemente. Senza cadere però nell’impressione pseudopositiva “meglio di niente…”, perché su questi temi dobbiamo giudicare molto severamente un Governo. Dalle Linee Guida governative sull’integrazione scolastica mi aspettavo la tenerezza e il sogno dell’utopia e la durezza dell’acciaio della norma che tutela e sviluppa, ma invece...
L’integrazione “adagiata”
Il Ministro Maria Stella Gelmini inizia le Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità con una bacchettata vecchio stile:ma a chi? All’integrazione, appunto, che “non può adagiarsi su pratiche disimpegnate che svuotano il senso pedagogico,…trasformandola da un processo di crescita…a una procedura solamente attenta alla correttezza formale degli adempimenti burocratici”. Ma se questa alunna svogliata (metaforicamente, l’integrazione…) si “adagia”, che si fa, la si bacchetta, la si boccia?
Bocciare l’integrazione non si può: “è un processo irreversibile”, dice il Ministro.
Detto per inciso, molti genitori e insegnanti sarebbero ben felici di avere almeno la correttezza formale degli adempimenti burocratici, talvolta non c’è nemmeno quella. In ogni caso il MIUR dà una bacchettata all’integrazione adagiata, forse non sa bene il perché, ma l’integrazione senz’altro lo sa…Mi viene da pensare ad un’espressione del grande intellettuale Morin, quando dice che ciò che non si rigenera degenera; ho spesso pensato che si possa applicare bene anche alla realtà dell’integrazione scolastica. Spesso ferma, affaticata, scivolata indietro, appannata. Ma non credo che per rigenerarla sia utile una bacchettata, una colpevolizzazione, una Brunettata nel mucchio.
Ma torniamo alle Linee guida, elaborate da “dirigenti e esperti MIUR con la partecipazione delle Associazioni delle persone con disabilità”: quali, se è lecito chiederlo in nome della trasparenza?
Iniziamo seriamente una piccola analisi, mettendo in evidenza immediatamente due aspetti positivi.
ICF e la Convenzione ONU
Bene hanno fatto gli esperti a basarsi su queste due realtà, ma molto probabilmente non si rendono conto di cosa vorrebbe dire applicare, non dico del tutto e bene, ma anche solo in parte e benino, solo gli aspetti fondamentali che prevedono questi due approcci, estremamente severi (se li si conosce bene). Si pensi solamente all’uso di ICF per la Diagnosi Funzionale: le Linee Guida dicono testualmente che “L’ICF sta penetrando (sic) nelle pratiche di diagnosi funzionale condotte dalle AASSLL, che sulla base di esso elaborano la Diagnosi Funzionale”. A parte il fatto che non ci sarebbe stata male una citazione all’Intesa Stato-Regioni del marzo 2008, che per la prima volta prevedeva proprio la diagnosi funzionale su base ICF (ma si sa è un’intesa del passato Governo), chi scrive le Linee Guida ha forse mai parlato con qualcuno della Sanità, per capire a che punto sono in merito alla formazione su ICF e per rendersi conto di cosa veramente significa fare una Diagnosi Funzionale su base ICF: coinvolgimento diretto della famiglia, della scuola, dei contesti di vita, incontri multiprofessionali, ecc.? Ci siamo? Per non parlare di ciò che prevede la Convenzione ONU…
Art. 3 della Costituzione: pari opportunità in partenza o in arrivo?
Nelle Linee guida, visto che si basano sull’art. 3 della Costituzione, facendo riferimento all’uguaglianza sostanziale, e non solo formale, che mette tutti nelle condizioni di esplicare le proprie attitudini personali, rimuovendo gli ostacoli, ecc. ecc., come mai allora, scusate la mia ignoranza, si trova scritto “affinché tutti i cittadini siano posti sullo stesso punto di partenza, abbiano le stesse opportunità, possano godere, tutti alla pari, dei medesimi diritti…”?
Mi viene in mente la celebre frase di Don Milani, quella in cui afferma che la peggiore ingiustizia è fare parti uguali tra disuguali; non è dunque sufficiente partire tutti sulla stessa linea, dobbiamo anche arrivare agli stessi obiettivi: ad esempio al “successo formativo”. Ma mi sembra che il successo arrivi alla fine, non ai blocchi di partenza.
Qualche confusione concettuale e linguistica
Si parla nelle Linee guida di modello sociale della disabilità, che sarebbe ampiamente recepito da ONU, ICF e che anche noi tutti dovremmo abbracciare. Ma forse c’è un po’ di confusione tra quello che i nostri esperti chiamano approccio sociale e invece l’approccio sociale propriamente detto, che fa riferimento ai Disability Studies (con autori noti come Barton, Oliver, Amstrong, Booth, Ainscow), dove si afferma che la disabilità e i Bisogni Educativi Speciali sono completamente il frutto di una costruzione sociale, di dinamiche, ad esempio, di rigidità del sistema scolastico, che non sa incontrare positivamente le differenze. Non credo che gli esperti delle Linee Guida volessero riferirsi a questo Modello Sociale (occhio… è molto marxista!), ma che volessero invece indicare il modello Bio-psico-sociale, che è alla base di ICF e delle più moderne teorizzazioni su disabilità e Bisogni Educativi Speciali.
Sul piano linguistico fa meno notizia la continua confusione tra alunno “con disabilità” e “disabile”: ma sono finezze.
Alla disperata ricerca di qualche diritto esigibile e di qualche prassi vincolante
Il genitore o l’insegnante che volesse trovare certezza di qualche misura o attività che sicuramente sarà fatta, che l’istituzione si impegna certamente e in tempi certi a fare, sarà deluso. Il testo è pieno di espressioni di auspicio: “è opportuno”, “si tratta quindi..”, “si concretizza anche…”, “ al dirigente è richiesto di…”
Alcuni aspetti critici per la qualità dell’integrazione, come la numerosità delle classi e il numero massimo di alunni con disabilità presenti in classe potevano essere citati. Ma la mancanza di obblighi istituzionali e di diritti esigibili è una malattia cronica del nostro sistema normativo: si pensi addirittura alla legge Quadro 104.
Dall’integrazione all’inclusione, così, con un semplice “-“
Lungi da me pensare che gli esperti del MIUR considerino queste due espressioni come semplici sinonimi, sarebbe stato interessante sapere come tale evoluzione avverrà nella scuola italiana e perché. Ma forse lo sapremo a settembre.
Parlando ancora di inclusione… ma il Ministro dove vuole portare la scuola italiana?
Ho cercato anche tra le righe delle Linee guida una visione, un progetto, un sogno di scuola davvero inclusiva, ma non l’ho trovato: ho avuto invece la sensazione, spero di essermi sbagliato, che il vero animus governativo sia quello del sopportare a malapena l’integrazione, sopportarla a denti stretti, per non fare qualche scivolone nel politically incorrect e nel danno di immagine e di consenso. Ma se la Gelmini fosse della Lega Nord…
Saltano fuori dal cappello i Tavoli di concertazione e il Progetto di Vita
Nella parte Rapporti interistituzionali sembra di leggere l’Intesa Stato-Regioni e la legge 328, ma è sicuramente un’impressione sbagliata: entrambe erano norme dei governi Prodi, dunque…
Ma allora, da quale cappello saltano fuori?
Se volete leggere un capolavoro di rapporti confusi interistituzionali (governance tra gli enti territoriali, i servizi, le istituzioni scolastiche, il territorio, i Tavoli di concertazione, i Piani di zona, ecc.), leggete le ultime righe di pagina 11, e saprete che il cappello è quello del cappellaio matto.
Ma a scuola, l’alunno con disabilità dove sta?
Sta in classe o sta fuori? Sempre, spesso, talvolta, quante volte, con chi, a fare cosa? Sta nei “laboratori”, forse? Ci sta reiteratamente e per periodi prolungati?? Ecco, questo star fuori è peccato, non si fa! Stare fuori nei “laboratori” è peccato, però in altre occasioni, per specifiche condizioni di salute o “di contesto” (sic), si può. Ecco l’ipocrisia tutta italiana: “in linea di principio” si “preferisce” che l’alunno stia in classe, ma può stare anche fuori, purché non lo si faccia ufficialmente, nei “laboratori”!
Basterebbero questi tre capoversi di pagina 14 per farci stracciare queste Linee Guida!
Coinvolgimento di tutto il personale e fine della delega al sostegno: oplà!
Con alcune semplici disposizioni del Dirigente questo sacrosanto e fondamentale obiettivo sarà raggiunto sicuramente: altrimenti che Dirigente è? Peccato che non si dica come, né si indichino risorse adeguate affinché il dirigente eserciti in autonomia organizzativa la sua leadership creativa.
La rigida flessibilità
Un ottimo ossimoro ministeriale:”l’insegnante di sostegno non può essere utilizzato per svolgere altro tipo di funzioni se non quelle strettamente legate al progetto di integrazione, qualora tale diverso utilizzo riduca anche in minima parte l’efficacia di detto progetto”. Dunque non potrebbe lavorare con altri alunni se non con quello con disabilità? Non potrebbe occuparsi di didattica speciale per altri alunni con Bisogni Educativi Speciali a meno che non dimostri che tale lavoro alternativo non riduca l’efficacia del progetto di integrazione dell’alunno con disabilità? Capisco la giusta preoccupazione per tutelare gli alunni con disabilità da usi frequentemente impropri degli insegnanti specializzati per il sostegno (supplenze, ecc.) ma in questo modo si rischia molto un impiego rigido e riduttivo.
Le metodologie didattiche
In poche righe leggiamo un ottimo manuale di didattica speciale, ma mi sfugge, per ignoranza certo, la finezza metodologica del “suddividere il tempo in tempi” (In parti più piccole? Più brevi? Beh, interessante…)
Si parla poi di apprendimento-insegnamento: sacrosanto appello al cercare di capire come funzionano nelle situazioni difficili, ma forse, parlando di autoregolazione, gli esperti invece di scrivere, un’altra volta, apprendimento cooperativo avrebbero dovuto scrivere metacognitivo.
Gli assenti ingiustificati
In queste Linee Guida mancano davvero troppe cose per promuoverle:
1. L’intesa Stato Regioni del 20 marzo 2008 (l’hanno approvata anche le Regioni del Centro Destra)
2. I molti Progetti I CARE, che stanno generando centinaia di Buone Prassi in tutta Italia
3. Le Buone Prassi, appunto, dei molti dirigenti-insegnanti-genitori-alunni che ancora ci credono e che ce la fanno nonostante le politiche governative
4. L’Osservatorio del MIUR per l’integrazione scolastica
5. la questione delle certificazioni
6. la questione della documentazione delle prassi
7. la questione della ricerca scientifica
8. la questione della valutazione concertata con le famiglie dei Livelli Essenziali di qualità dell’integrazione
9. la questione delle altre varie figure professionali indispensabili per l’integrazione.
10. la questione della gestione stabile e intelligente delle risorse materiali, umane e di competenze reali che devono incontrare i bisogni degli alunni (la questione interistituzionale e di gestione del personale)
11. una piccola bibliografia (scusate)
Parte 2: Dario Ianes (Università di Bolzano)
Il mio amico Francesco Ganzaroli (Bomba H) mi aveva avvisato: “Queste Linee Guida sono una trappola, non cadiamoci dentro per commentarle punto su punto! Sono belle parole spot, per nascondere un sostanziale disimpegno governativo sulla questione”. Ma invece vanno lette e commentate con cura, tenacemente. Senza cadere però nell’impressione pseudopositiva “meglio di niente…”, perché su questi temi dobbiamo giudicare molto severamente un Governo. Dalle Linee Guida governative sull’integrazione scolastica mi aspettavo la tenerezza e il sogno dell’utopia e la durezza dell’acciaio della norma che tutela e sviluppa, ma invece...
L’integrazione “adagiata”
Il Ministro Maria Stella Gelmini inizia le Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità con una bacchettata vecchio stile:ma a chi? All’integrazione, appunto, che “non può adagiarsi su pratiche disimpegnate che svuotano il senso pedagogico,…trasformandola da un processo di crescita…a una procedura solamente attenta alla correttezza formale degli adempimenti burocratici”. Ma se questa alunna svogliata (metaforicamente, l’integrazione…) si “adagia”, che si fa, la si bacchetta, la si boccia?
Bocciare l’integrazione non si può: “è un processo irreversibile”, dice il Ministro.
Detto per inciso, molti genitori e insegnanti sarebbero ben felici di avere almeno la correttezza formale degli adempimenti burocratici, talvolta non c’è nemmeno quella. In ogni caso il MIUR dà una bacchettata all’integrazione adagiata, forse non sa bene il perché, ma l’integrazione senz’altro lo sa…Mi viene da pensare ad un’espressione del grande intellettuale Morin, quando dice che ciò che non si rigenera degenera; ho spesso pensato che si possa applicare bene anche alla realtà dell’integrazione scolastica. Spesso ferma, affaticata, scivolata indietro, appannata. Ma non credo che per rigenerarla sia utile una bacchettata, una colpevolizzazione, una Brunettata nel mucchio.
Ma torniamo alle Linee guida, elaborate da “dirigenti e esperti MIUR con la partecipazione delle Associazioni delle persone con disabilità”: quali, se è lecito chiederlo in nome della trasparenza?
Iniziamo seriamente una piccola analisi, mettendo in evidenza immediatamente due aspetti positivi.
ICF e la Convenzione ONU
Bene hanno fatto gli esperti a basarsi su queste due realtà, ma molto probabilmente non si rendono conto di cosa vorrebbe dire applicare, non dico del tutto e bene, ma anche solo in parte e benino, solo gli aspetti fondamentali che prevedono questi due approcci, estremamente severi (se li si conosce bene). Si pensi solamente all’uso di ICF per la Diagnosi Funzionale: le Linee Guida dicono testualmente che “L’ICF sta penetrando (sic) nelle pratiche di diagnosi funzionale condotte dalle AASSLL, che sulla base di esso elaborano la Diagnosi Funzionale”. A parte il fatto che non ci sarebbe stata male una citazione all’Intesa Stato-Regioni del marzo 2008, che per la prima volta prevedeva proprio la diagnosi funzionale su base ICF (ma si sa è un’intesa del passato Governo), chi scrive le Linee Guida ha forse mai parlato con qualcuno della Sanità, per capire a che punto sono in merito alla formazione su ICF e per rendersi conto di cosa veramente significa fare una Diagnosi Funzionale su base ICF: coinvolgimento diretto della famiglia, della scuola, dei contesti di vita, incontri multiprofessionali, ecc.? Ci siamo? Per non parlare di ciò che prevede la Convenzione ONU…
Art. 3 della Costituzione: pari opportunità in partenza o in arrivo?
Nelle Linee guida, visto che si basano sull’art. 3 della Costituzione, facendo riferimento all’uguaglianza sostanziale, e non solo formale, che mette tutti nelle condizioni di esplicare le proprie attitudini personali, rimuovendo gli ostacoli, ecc. ecc., come mai allora, scusate la mia ignoranza, si trova scritto “affinché tutti i cittadini siano posti sullo stesso punto di partenza, abbiano le stesse opportunità, possano godere, tutti alla pari, dei medesimi diritti…”?
Mi viene in mente la celebre frase di Don Milani, quella in cui afferma che la peggiore ingiustizia è fare parti uguali tra disuguali; non è dunque sufficiente partire tutti sulla stessa linea, dobbiamo anche arrivare agli stessi obiettivi: ad esempio al “successo formativo”. Ma mi sembra che il successo arrivi alla fine, non ai blocchi di partenza.
Qualche confusione concettuale e linguistica
Si parla nelle Linee guida di modello sociale della disabilità, che sarebbe ampiamente recepito da ONU, ICF e che anche noi tutti dovremmo abbracciare. Ma forse c’è un po’ di confusione tra quello che i nostri esperti chiamano approccio sociale e invece l’approccio sociale propriamente detto, che fa riferimento ai Disability Studies (con autori noti come Barton, Oliver, Amstrong, Booth, Ainscow), dove si afferma che la disabilità e i Bisogni Educativi Speciali sono completamente il frutto di una costruzione sociale, di dinamiche, ad esempio, di rigidità del sistema scolastico, che non sa incontrare positivamente le differenze. Non credo che gli esperti delle Linee Guida volessero riferirsi a questo Modello Sociale (occhio… è molto marxista!), ma che volessero invece indicare il modello Bio-psico-sociale, che è alla base di ICF e delle più moderne teorizzazioni su disabilità e Bisogni Educativi Speciali.
Sul piano linguistico fa meno notizia la continua confusione tra alunno “con disabilità” e “disabile”: ma sono finezze.
Alla disperata ricerca di qualche diritto esigibile e di qualche prassi vincolante
Il genitore o l’insegnante che volesse trovare certezza di qualche misura o attività che sicuramente sarà fatta, che l’istituzione si impegna certamente e in tempi certi a fare, sarà deluso. Il testo è pieno di espressioni di auspicio: “è opportuno”, “si tratta quindi..”, “si concretizza anche…”, “ al dirigente è richiesto di…”
Alcuni aspetti critici per la qualità dell’integrazione, come la numerosità delle classi e il numero massimo di alunni con disabilità presenti in classe potevano essere citati. Ma la mancanza di obblighi istituzionali e di diritti esigibili è una malattia cronica del nostro sistema normativo: si pensi addirittura alla legge Quadro 104.
Dall’integrazione all’inclusione, così, con un semplice “-“
Lungi da me pensare che gli esperti del MIUR considerino queste due espressioni come semplici sinonimi, sarebbe stato interessante sapere come tale evoluzione avverrà nella scuola italiana e perché. Ma forse lo sapremo a settembre.
Parlando ancora di inclusione… ma il Ministro dove vuole portare la scuola italiana?
Ho cercato anche tra le righe delle Linee guida una visione, un progetto, un sogno di scuola davvero inclusiva, ma non l’ho trovato: ho avuto invece la sensazione, spero di essermi sbagliato, che il vero animus governativo sia quello del sopportare a malapena l’integrazione, sopportarla a denti stretti, per non fare qualche scivolone nel politically incorrect e nel danno di immagine e di consenso. Ma se la Gelmini fosse della Lega Nord…
Saltano fuori dal cappello i Tavoli di concertazione e il Progetto di Vita
Nella parte Rapporti interistituzionali sembra di leggere l’Intesa Stato-Regioni e la legge 328, ma è sicuramente un’impressione sbagliata: entrambe erano norme dei governi Prodi, dunque…
Ma allora, da quale cappello saltano fuori?
Se volete leggere un capolavoro di rapporti confusi interistituzionali (governance tra gli enti territoriali, i servizi, le istituzioni scolastiche, il territorio, i Tavoli di concertazione, i Piani di zona, ecc.), leggete le ultime righe di pagina 11, e saprete che il cappello è quello del cappellaio matto.
Ma a scuola, l’alunno con disabilità dove sta?
Sta in classe o sta fuori? Sempre, spesso, talvolta, quante volte, con chi, a fare cosa? Sta nei “laboratori”, forse? Ci sta reiteratamente e per periodi prolungati?? Ecco, questo star fuori è peccato, non si fa! Stare fuori nei “laboratori” è peccato, però in altre occasioni, per specifiche condizioni di salute o “di contesto” (sic), si può. Ecco l’ipocrisia tutta italiana: “in linea di principio” si “preferisce” che l’alunno stia in classe, ma può stare anche fuori, purché non lo si faccia ufficialmente, nei “laboratori”!
Basterebbero questi tre capoversi di pagina 14 per farci stracciare queste Linee Guida!
Coinvolgimento di tutto il personale e fine della delega al sostegno: oplà!
Con alcune semplici disposizioni del Dirigente questo sacrosanto e fondamentale obiettivo sarà raggiunto sicuramente: altrimenti che Dirigente è? Peccato che non si dica come, né si indichino risorse adeguate affinché il dirigente eserciti in autonomia organizzativa la sua leadership creativa.
La rigida flessibilità
Un ottimo ossimoro ministeriale:”l’insegnante di sostegno non può essere utilizzato per svolgere altro tipo di funzioni se non quelle strettamente legate al progetto di integrazione, qualora tale diverso utilizzo riduca anche in minima parte l’efficacia di detto progetto”. Dunque non potrebbe lavorare con altri alunni se non con quello con disabilità? Non potrebbe occuparsi di didattica speciale per altri alunni con Bisogni Educativi Speciali a meno che non dimostri che tale lavoro alternativo non riduca l’efficacia del progetto di integrazione dell’alunno con disabilità? Capisco la giusta preoccupazione per tutelare gli alunni con disabilità da usi frequentemente impropri degli insegnanti specializzati per il sostegno (supplenze, ecc.) ma in questo modo si rischia molto un impiego rigido e riduttivo.
Le metodologie didattiche
In poche righe leggiamo un ottimo manuale di didattica speciale, ma mi sfugge, per ignoranza certo, la finezza metodologica del “suddividere il tempo in tempi” (In parti più piccole? Più brevi? Beh, interessante…)
Si parla poi di apprendimento-insegnamento: sacrosanto appello al cercare di capire come funzionano nelle situazioni difficili, ma forse, parlando di autoregolazione, gli esperti invece di scrivere, un’altra volta, apprendimento cooperativo avrebbero dovuto scrivere metacognitivo.
Gli assenti ingiustificati
In queste Linee Guida mancano davvero troppe cose per promuoverle:
1. L’intesa Stato Regioni del 20 marzo 2008 (l’hanno approvata anche le Regioni del Centro Destra)
2. I molti Progetti I CARE, che stanno generando centinaia di Buone Prassi in tutta Italia
3. Le Buone Prassi, appunto, dei molti dirigenti-insegnanti-genitori-alunni che ancora ci credono e che ce la fanno nonostante le politiche governative
4. L’Osservatorio del MIUR per l’integrazione scolastica
5. la questione delle certificazioni
6. la questione della documentazione delle prassi
7. la questione della ricerca scientifica
8. la questione della valutazione concertata con le famiglie dei Livelli Essenziali di qualità dell’integrazione
9. la questione delle altre varie figure professionali indispensabili per l’integrazione.
10. la questione della gestione stabile e intelligente delle risorse materiali, umane e di competenze reali che devono incontrare i bisogni degli alunni (la questione interistituzionale e di gestione del personale)
11. una piccola bibliografia (scusate)
Re: LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
http://www.european-agency.org/publications/ereports/key-principles-for-promoting-quality-in-inclusive-education/key-principles-IT.pdf
Principi Guida per promuovere la Qualità nella Scuola Inclusiva
Principi Guida per promuovere la Qualità nella Scuola Inclusiva
Re: LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
http://lnx.istruzioneverona.it/handicap/wp-content/uploads/2009/12/18_gennaioNew.pdf
progetto d'Istituto per l'integrazione scolastica e sociale dei disabili
PROGETTO D’ISTITUTO PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA E SOCIALE
DEGLI ALUNNI DIVERSAMENTE ABILI
DALL’ACCOGLIENZA AL PROGETTO DI VITA
Linee guida per l’integrazione scolastica
( Istituto Tec. Ind. Pacinotti-Roma
A Cura Delle prof.sse F. Di Cesare, M. P. Mallozzi, M. Stranieri)
http://www.pacinottiroma.it/sostegno/LINEE%20GUIDA.pdf
DEGLI ALUNNI DIVERSAMENTE ABILI
DALL’ACCOGLIENZA AL PROGETTO DI VITA
Linee guida per l’integrazione scolastica
( Istituto Tec. Ind. Pacinotti-Roma
A Cura Delle prof.sse F. Di Cesare, M. P. Mallozzi, M. Stranieri)
http://www.pacinottiroma.it/sostegno/LINEE%20GUIDA.pdf
Ultima modifica di leterbuck il Sab Nov 05, 2011 10:10 am - modificato 1 volta. (Motivazione : corretto titolo e ampliato)
guardian angel- Millenium member
- Numero di messaggi : 3720
Data d'iscrizione : 29.09.10
Località : Toscana
Re: LINEE GUIDE INTEGRAZIONE SCOLASTICA
LINEE-GUIDA PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI CON DISABILITA’
Commento di Salvatore Nocera
http://www.csasalerno.it/integrazionescolastica/eventiformazione/convegno26_documentazione/Nocera_commento_lineeguida_miur.pdf
Commento di Salvatore Nocera
http://www.csasalerno.it/integrazionescolastica/eventiformazione/convegno26_documentazione/Nocera_commento_lineeguida_miur.pdf
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