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Diario di un Maestro, film di Vittorio De Seta, 1972
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Diario di un Maestro, film di Vittorio De Seta, 1972
1972. Diario di un maestro. Film per la televisione in quattro puntate, tratto dal romanzo autobiografico di Albino Bernardini "Un anno a Pietralata".
Il capolavoro di Vittorio De Seta è la rappresentazione della passione e vocazione per l'insegnamento di un maestro alle prese con ragazzi "difficili" delle borgate romane e con la fredda e distaccata burocrazia scolastica rappresentata dai dirigenti.
Il capolavoro di Vittorio De Seta è la rappresentazione della passione e vocazione per l'insegnamento di un maestro alle prese con ragazzi "difficili" delle borgate romane e con la fredda e distaccata burocrazia scolastica rappresentata dai dirigenti.
guardian angel- Millenium member
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Località : Toscana
Vittorio De Seta, la morte di un poeta della realtà..
29/11/2011
Vittorio De Seta, la morte di un poeta della realtà
"Il cinema di Vittorio De Seta non è di facile approccio. Non aveva scelto di provocare né tantomeno di ricorrere alla finzione per raccontare il mondo che lo circondava. Il suo era un approccio quasi antropologico ed etnografico, attento al fatto che a parlare fosse la realtà che lo circondava, una realtà non filtrata dal suo sguardo... semmai una realtà che facendosi scudo della cinepresa si mostrava nel suo essere e nei suoi limiti tanto che spesso ci si riferisce alla sua produzione accostandola al verismo di Giovanni Verga, un cinema che in poche parole si affida alla realtà restituendola oggettivamente per immagini, capaci senza commento aggiunto di suscitare reazioni soggettive.
Un cinema spesso fatto di natura che si antropomorfizza divenendo protagonista insieme ai personaggi e al contesto sociale in cui le storie sono inserite. Chi pensa che il documentario sia un genere a sé stante, lontano dai meccanismi di produzione della cultura cinematografica, deve fare un passo indietro: forse non tutti sanno che un tempo, ad esempio, il Festival di Cannes accanto ai lungometraggi di finzione premiava anche i documentari, come Isole di Fuoco che De Seta girò nel 1954 come omaggio al popolo dei pescatori delle isole Eolie, da secoli abitanti di un lembo di terra in aperto mare e sotto l'ombra di un vulcano, e facente parte di un corpus contenente altri sei documentari (dalla durata media di dieci minuti) dedicati alla sua terra. Discendente di una famiglia nobile calabrese, De Seta era nato a Palermo il 15 ottobre 1923 e si sentiva siciliano: era affascinato da un mondo lontano dal suo, dal mare che regolava la vita dei pescatori e dai raccolti che determinavano le azioni dei contadini. Vedeva piena armonia e corrispondenza tra la natura e la popolazione, non c'erano ancora la macchine a farla da padrone e il concetto di globalità non era ancora entrato nella vita delle comunità. Uno sguardo sociologico, si direbbe oggi: le comunità prima di essere società, per dirla alla Max Weber, sono protagoniste di un cinema che documenta l'Italia del dopoguerra, microcosmi ancora vergini dal massacro culturale degli Anni Sessanta e Settanta, massacro che poi è il motore che spinse il regista a girare La Sicilia rivisitata, dopo 8 anni di inattività.... (continua) "
(Fonte: http://cinerepublic.film.tv.it/vittorio-de-seta-la-morte-di-un-poeta-della-realt/8125/ )
Vittorio De Seta, la morte di un poeta della realtà
"Il cinema di Vittorio De Seta non è di facile approccio. Non aveva scelto di provocare né tantomeno di ricorrere alla finzione per raccontare il mondo che lo circondava. Il suo era un approccio quasi antropologico ed etnografico, attento al fatto che a parlare fosse la realtà che lo circondava, una realtà non filtrata dal suo sguardo... semmai una realtà che facendosi scudo della cinepresa si mostrava nel suo essere e nei suoi limiti tanto che spesso ci si riferisce alla sua produzione accostandola al verismo di Giovanni Verga, un cinema che in poche parole si affida alla realtà restituendola oggettivamente per immagini, capaci senza commento aggiunto di suscitare reazioni soggettive.
Un cinema spesso fatto di natura che si antropomorfizza divenendo protagonista insieme ai personaggi e al contesto sociale in cui le storie sono inserite. Chi pensa che il documentario sia un genere a sé stante, lontano dai meccanismi di produzione della cultura cinematografica, deve fare un passo indietro: forse non tutti sanno che un tempo, ad esempio, il Festival di Cannes accanto ai lungometraggi di finzione premiava anche i documentari, come Isole di Fuoco che De Seta girò nel 1954 come omaggio al popolo dei pescatori delle isole Eolie, da secoli abitanti di un lembo di terra in aperto mare e sotto l'ombra di un vulcano, e facente parte di un corpus contenente altri sei documentari (dalla durata media di dieci minuti) dedicati alla sua terra. Discendente di una famiglia nobile calabrese, De Seta era nato a Palermo il 15 ottobre 1923 e si sentiva siciliano: era affascinato da un mondo lontano dal suo, dal mare che regolava la vita dei pescatori e dai raccolti che determinavano le azioni dei contadini. Vedeva piena armonia e corrispondenza tra la natura e la popolazione, non c'erano ancora la macchine a farla da padrone e il concetto di globalità non era ancora entrato nella vita delle comunità. Uno sguardo sociologico, si direbbe oggi: le comunità prima di essere società, per dirla alla Max Weber, sono protagoniste di un cinema che documenta l'Italia del dopoguerra, microcosmi ancora vergini dal massacro culturale degli Anni Sessanta e Settanta, massacro che poi è il motore che spinse il regista a girare La Sicilia rivisitata, dopo 8 anni di inattività.... (continua) "
(Fonte: http://cinerepublic.film.tv.it/vittorio-de-seta-la-morte-di-un-poeta-della-realt/8125/ )
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