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FILM : ADAM
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FILM : ADAM
SINDROME DI ASPERGER
«Il libro per bambini che preferisco parla di un "piccolo principe" arrivato sulla terra da un asteroide molto lontano. Qui incontra un pilota il cui aereo è precipitato nel deserto. Il "piccolo principe" insegna al pilota molte cose, soprattutto sull'amore. Mio padre diceva sempre che io ero il "piccolo principe" ma... dopo aver conosciuto Adam, ho capito che sono sempre stata il pilota».
Lontano da una realtà a cui non appartiene, Adam (Hugh Dancy), giovane ingegnere elettronico con una passione irrefrenabile per l’astronomia, è affetto dalla Sindrome di Asperger, una forma di autismo che rende impossibile qualsiasi tipo di relazione tra sé e il mondo. Incapace di stabilire una connessione emotiva con un altro essere umano, si butta a capofitto nel proprio impiego presso una fabbrica di giocattoli, dove costruisce complessi microchip, perseguendo, con febbrile perizia, il tentativo di donare “vita” a degli oggetti inanimati. L’incontro con il “pilota” Beth (Rose Byrne), maestra e scrittrice di fiabe per bambini, corrisponde al goffo tentativo del “piccolo principe” Adam di muovere i primi passi nella vita e nel complicato universo delle relazioni umane.
Premiata al Sundance Film Festival nel 2009, la pellicola, diretta dal misconosciuto Max Mayer (Better Living), è più apprezzabile nelle intenzioni che nel risultato perseguito.
Adam, lungi dall’essere un novello Forrest Gump (come afferma, ironicamente, lo stesso protagonista), fa del proprio handicap fisico l’emblema di un disagio che è, prima di tutto, esistenziale: lontano dai complessi meccanismi che regolano i rapporti umani, Adam assurge, sin dal proprio nome di battesimo, a simbolo di una “purezza” incapace di venire a patti con un mondo corrotto. Dio dice ad Adamo ed Eva di non mangiare il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male: “tradendo” la tradizione biblica, il giovane protagonista, sorta di “primo uomo”, non morde la mela del peccato, ma viene altresì condannato ad abitare un singolare e desolato “Paradiso Terrestre”. Come in una sorta di quadro dentro il quadro (il richiamo al crudo realismo “hopperiano” è piuttosto esplicito), Adam, seduto al tavolo del soggiorno, consuma un pasto, immerso in un silenzio colmo d’inquietudine.
L’incontro con Beth, più che rappresentare l’apertura di un orizzonte di possibilità, si configura come definitiva presa di coscienza di uno stato di cose per propria natura intrinsecamente immutabile. Non è un caso che Beth sia l’unica donna capace di entrare in sintonia con il fragile e complicato mondo interiore del protagonista: maestra d’asilo e scrittrice di libri per l’infanzia, mette in gioco la propria sensibilità nel tentativo di creare una possibile forma di comunicazione con quel bambino mai diventato “uomo”. La sequenza in cui vediamo, in controcampo, Adam osservare un gruppo di bambini intenti al gioco racconta, in modo struggente, la solitudine di quel “principe” destinato a rimanere “piccolo”, perché mai cresciuto: le grate del cancello, che dividono il protagonista dalla “fanciullezza”, sono il simbolo di un’infanzia mancata, dolorosa, vissuta come distanza e negazione da un universo sconosciuto, ma, al contempo, racchiudono il bisogno di essere e di sentirsi come gli “altri”, di partecipare degli stessi giochi.
Con questo film, Mayer realizza un’opera in pieno stile indie che, pur non brillando di luce propria (basti pensare al bellissimo Lars e una ragazza tutta sua), sviluppa un discorso niente affatto banale, evitando di cadere nel buonismo. Peccato, però, che le tante ed interessanti premesse iniziali vadano incontro a tutta una serie di soluzioni troppo “affrettate”, come se il regista non riuscisse a dare forza e profondità alla storia (Adam, incapace di instaurare un contatto fisico, si ritrova, di punto in bianco, a fare l’amore con Beth). Da questo punto di vista, il delinearsi di una figura di contorno come il padre della ragazza (Peter Gallagher), uomo corrotto e spregiudicato, non fa che banalizzare l’intero racconto, a causa dell’eccessivo schematismo verso cui vira inevitabilmente la pellicola.
Nonostante, dunque, le evidenti “cadute di stile”, Adam resta un film capace di regalare momenti di “puro” cinema, di far riflettere e, a tratti, emozionare. Ed è nello sguardo sfuggente di Adam, rivolto a contemplare il firmamento, che è racchiusa l’essenza stessa del film: “Siamo tutti nel fango... ma alcuni di noi guardano le stelle”
( da intothemovie)
sabrina- Senior Member
- Numero di messaggi : 231
Data d'iscrizione : 11.12.08
Re: FILM : ADAM
Film molto bello!
valeria- Advanced Member
- Numero di messaggi : 143
Data d'iscrizione : 27.02.09
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