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ciao a tutti!!!
3 partecipanti
Pagina 1 di 1
ciao a tutti!!!
Ciao a tutti! Mi presento sono Anna, insegnante di sostegno scuola primaria! Un saluto a tutti e buon lavoro!
anna ilaria- Nuovo member
- Numero di messaggi : 1
Data d'iscrizione : 01.11.10
Re: ciao a tutti!!!
Credo di essere il primo a leggere questo messaggio di presentazione-ingresso nel forum, e ben volentieri rispondo a volo ricambiando il saluto e ringraziando per il "buon lavoro", visto che ho trascorso questa intera giornata del primo di novembre a lavorare alla scrivania per leggere, approfondire e studiare (non si finisce mai di farlo!).
Benvenuta Anna Ilaria, e buon lavoro anche a Lei!
Massimo Borghese
Benvenuta Anna Ilaria, e buon lavoro anche a Lei!
Massimo Borghese
Re: ciao a tutti!!!
anna ilaria ha scritto:Ciao a tutti! Mi presento sono Anna, insegnante di sostegno scuola primaria! Un saluto a tutti e buon lavoro!
Benvenuta ANNA !!!!
E buona permanenza nel forum.
mborghese ha scritto:Credo di essere il primo a leggere questo messaggio di presentazione-ingresso nel forum, e ben volentieri rispondo a volo ricambiando il saluto e ringraziando per il "buon lavoro", visto che ho trascorso questa intera giornata del primo di novembre a lavorare alla scrivania per leggere, approfondire e studiare (non si finisce mai di farlo!).
Benvenuta Anna Ilaria, e buon lavoro anche a Lei!
Massimo Borghese
Dottore ...
proprio ieri il suo nome mi è "comparso" nuovamente davanti per ben 2 volte!
La prima mentre leggevo un libro-diario di un'insegnante che aveva lavorato con un bambino autistico e la seconda in un post , proprio qui sul forum ... dove un'iscritta al forum, parlava dei miglioramenti che l'alunno aveva avuto grazie anche alla sua terapia... (adesso mi sfugge il link ...).
Adesso la saluto e il mio DIFETTO CALCISTICO è irrecuperabile : siamo tali da varie generazioni!!!!
Buon Lavoro! E non me lo faccia ripetere , anzi glielo ripeto ! Quando pubblica qualche articolo sul web farebbe cosa gradita al nostro forum se volesse pubblicarlo anche qui.
Re: ciao a tutti!!!
Ha ragione, cara Gabriella, raccolgo subito l'invito riportando due passaggi di una discussione su un tema di interesse generale, comparsa nel forum del mio sito. I contenuti della mia risposta (l'ho deciso dopo averla riletta a distanza di alcuni giorni) li trasformerò in articolo che pubblicherò su una rivista, e che ora invio in anteprima in questa sede.
Il tema proposto da una mamma, riguarda l'opportunità di parlare o meno di autismo in presenza della figlia... con autismo:
Scrive la mamma:
"Fin da quando ho avuto conferma che mia figlia capisce e registra tutto quello che diciamo , ho smesso di parlare con mezze frasi e sottointesi nel riferirmi al suo autismo .
Ho sempre pensato che l'autismo è parte della nostra vita, che la nostra è una famiglia autistica dato che il problema o meglio la lotta al problema riguarda tutti noi, ma a volte penso che ho sbagliato quando vedo mia figlia trattenersi nel fare qualcosa di normale perchè si sente inadeguata. Mi sembra di averle tolto la spensieratezza,
A volte mi sembra una bambina troppo composta , oserei dire grande per la sua età.
Con la storia che di fronte agli altri, che spesso non capiscono una cicca, i nostri figli devono essere sempre perfetti sennò li additano come maleducati o peggio violenti, 'sti bambini sono sempre iperìncartati da noi genitori e se poi si incartano anche da soli... non so davvero dove trovano la forza di essere sereni.
Massimo cosa ne pensi?
La mia risposta:
"Cara XX,
le stesse tue perplessità le ho vissute per la prima volta nel 2000, quando mi trovai -come mai era accaduto prima- a dover parlare di autismo in presenza di un autistico, quello che io considero il mio primo -consentitemi di definirlo così- "figlio" autistico, il noto S., oggi venticinquenne, primo bambino con autismo che trattai con quello che sarebbe poi diventato il mio metodo. Aveva quindici anni, ed era già ben educato-rieducato, verbale, scolarizzato, quando quel pomeriggio salii a casa di Annalisa D'Ajello, decana e madre di tutte le logopediste che hanno imparato a trattare l'autismo. Dovevo portarle a visionare alcuni video appena montati, lei sedeva intorno a un tavolo con S. e la sua meravigliosa mamma, e all'improvviso, a bruciapelo, mi disse: "Massimo, spiega a S. che cos'è l'autismo". Mi caddero a terra le borse che avevo in mano, e deglutii a vuoto. Era la prima volta che mi trovavo in una situazione del genere, e l'ennesimo episodio "odio-amore" tra me e Annalisa passava attraverso un momento terribile, in quanto avevo capito perfettamente che quella domanda era partita da S., e lei me l'aveva vilmente girata. Ovviamente scherzo nel dire vilmente e nel parlare di odio, in quanto mi sto riferendo ad una terapista amica che stimo tantissimo, ma tanto è che vissi un imbarazzo che ora tu, XX, puoi ben comprendere.
Ciò premesso, e detto anche che spiegai a S. che cosa fosse l'autismo di cui lui era stato affetto e di cui portava e probabilmente avrebbe portato a lungo diversi segni, mi sono trovato da quel giorno in uno stato di dialettica perenne innanzitutto con me stesso sul tema che tu hai posto nel tuo intervento in questo topic.
Il primo problema è che noi per primi non sappiamo fin dove (e come) arriveranno i nostri bambini. Molte abilità le hanno acquisite e ne raggiungeranno altre, ma quanto di autismo resterà in loro, ed in che modo?
Intanto il loro livello cognitivo e quindi la coscienza di se stessi aumenteranno, e ciò renderà inevitabile cadere in momenti di discussioni e riflessioni sul come sono e in che cosa differiscono dagli altri. E qui credo che non si può e non si potrà occultare niente. E allora perchè non parlare loro come si parlerebbe a un bimbo diabetico, o celiaco, o cieco, o sordo, o senza un arto...? Perchè non dire loro: "Hai dei problemi, ma questo non dovrà impedirti di vivere la tua esistenza come gli altri (che a loro volta possono o potranno avere dei deficit), insieme agli altri, giocando con gli altri, studiando con gli altri, litigando con gli altri, lavorando con gli altri...".
La serenità -per tutti noi e non solo per i nostri bimbi con autismo- viene da altro, non è conseguenza di benessere fisico, mentale, economico, e così via; credo che la serenità nasca dall'equilibrio che scaturisce tra noi ed il modo con cui ci poniamo verso noi stessi innanzitutto e poi verso gli altri e verso la vita. E quest'equilibrio, una bimba come la tua, ha tutte le premesse per trovarlo e mantenerlo, data la grande fortuna che ha avuto nel ritrovarsi una mamma, un papà e una sorella meravigliosi come voi.
Con queste considerazioni non pretendo di aver soddisfatto tutti i tuoi legittimi dubbi e le tue perplessità sull'argomento. Ho solo tirato fuori a caldo le prime sensazioni ed i ricordi personali che il tema da te posto mi ha evocato. Credo che dovremo discutere e confrontarci ancora a lungo in proposito, ma intanto ritengo che in bambini cresciuti, maturati ed evoluti, non abbia senso tacere sul loro "status" autistico.
Ti abbraccio.
Massimo"
Massimo Borghese
Il tema proposto da una mamma, riguarda l'opportunità di parlare o meno di autismo in presenza della figlia... con autismo:
Scrive la mamma:
"Fin da quando ho avuto conferma che mia figlia capisce e registra tutto quello che diciamo , ho smesso di parlare con mezze frasi e sottointesi nel riferirmi al suo autismo .
Ho sempre pensato che l'autismo è parte della nostra vita, che la nostra è una famiglia autistica dato che il problema o meglio la lotta al problema riguarda tutti noi, ma a volte penso che ho sbagliato quando vedo mia figlia trattenersi nel fare qualcosa di normale perchè si sente inadeguata. Mi sembra di averle tolto la spensieratezza,
A volte mi sembra una bambina troppo composta , oserei dire grande per la sua età.
Con la storia che di fronte agli altri, che spesso non capiscono una cicca, i nostri figli devono essere sempre perfetti sennò li additano come maleducati o peggio violenti, 'sti bambini sono sempre iperìncartati da noi genitori e se poi si incartano anche da soli... non so davvero dove trovano la forza di essere sereni.
Massimo cosa ne pensi?
La mia risposta:
"Cara XX,
le stesse tue perplessità le ho vissute per la prima volta nel 2000, quando mi trovai -come mai era accaduto prima- a dover parlare di autismo in presenza di un autistico, quello che io considero il mio primo -consentitemi di definirlo così- "figlio" autistico, il noto S., oggi venticinquenne, primo bambino con autismo che trattai con quello che sarebbe poi diventato il mio metodo. Aveva quindici anni, ed era già ben educato-rieducato, verbale, scolarizzato, quando quel pomeriggio salii a casa di Annalisa D'Ajello, decana e madre di tutte le logopediste che hanno imparato a trattare l'autismo. Dovevo portarle a visionare alcuni video appena montati, lei sedeva intorno a un tavolo con S. e la sua meravigliosa mamma, e all'improvviso, a bruciapelo, mi disse: "Massimo, spiega a S. che cos'è l'autismo". Mi caddero a terra le borse che avevo in mano, e deglutii a vuoto. Era la prima volta che mi trovavo in una situazione del genere, e l'ennesimo episodio "odio-amore" tra me e Annalisa passava attraverso un momento terribile, in quanto avevo capito perfettamente che quella domanda era partita da S., e lei me l'aveva vilmente girata. Ovviamente scherzo nel dire vilmente e nel parlare di odio, in quanto mi sto riferendo ad una terapista amica che stimo tantissimo, ma tanto è che vissi un imbarazzo che ora tu, XX, puoi ben comprendere.
Ciò premesso, e detto anche che spiegai a S. che cosa fosse l'autismo di cui lui era stato affetto e di cui portava e probabilmente avrebbe portato a lungo diversi segni, mi sono trovato da quel giorno in uno stato di dialettica perenne innanzitutto con me stesso sul tema che tu hai posto nel tuo intervento in questo topic.
Il primo problema è che noi per primi non sappiamo fin dove (e come) arriveranno i nostri bambini. Molte abilità le hanno acquisite e ne raggiungeranno altre, ma quanto di autismo resterà in loro, ed in che modo?
Intanto il loro livello cognitivo e quindi la coscienza di se stessi aumenteranno, e ciò renderà inevitabile cadere in momenti di discussioni e riflessioni sul come sono e in che cosa differiscono dagli altri. E qui credo che non si può e non si potrà occultare niente. E allora perchè non parlare loro come si parlerebbe a un bimbo diabetico, o celiaco, o cieco, o sordo, o senza un arto...? Perchè non dire loro: "Hai dei problemi, ma questo non dovrà impedirti di vivere la tua esistenza come gli altri (che a loro volta possono o potranno avere dei deficit), insieme agli altri, giocando con gli altri, studiando con gli altri, litigando con gli altri, lavorando con gli altri...".
La serenità -per tutti noi e non solo per i nostri bimbi con autismo- viene da altro, non è conseguenza di benessere fisico, mentale, economico, e così via; credo che la serenità nasca dall'equilibrio che scaturisce tra noi ed il modo con cui ci poniamo verso noi stessi innanzitutto e poi verso gli altri e verso la vita. E quest'equilibrio, una bimba come la tua, ha tutte le premesse per trovarlo e mantenerlo, data la grande fortuna che ha avuto nel ritrovarsi una mamma, un papà e una sorella meravigliosi come voi.
Con queste considerazioni non pretendo di aver soddisfatto tutti i tuoi legittimi dubbi e le tue perplessità sull'argomento. Ho solo tirato fuori a caldo le prime sensazioni ed i ricordi personali che il tema da te posto mi ha evocato. Credo che dovremo discutere e confrontarci ancora a lungo in proposito, ma intanto ritengo che in bambini cresciuti, maturati ed evoluti, non abbia senso tacere sul loro "status" autistico.
Ti abbraccio.
Massimo"
Massimo Borghese
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