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Il Discorso del Re, 2010, T. Hooper

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Il Discorso del Re, 2010, T. Hooper Empty Il Discorso del Re, 2010, T. Hooper

Messaggio Da guardian angel Gio Set 08, 2011 2:39 pm

Trama del film
Il discorso del re

Dopo la morte di suo padre Re Giorgio V (Michael Gambon) e l'abdicazione di suo fratello Edoardo VIII (Guy Pearce), Bertie (Colin Firth), che soffre da tutta la vita di una forma debilitante di balbuzie, viene incoronato Re Giorgio VI d'Inghilterra. Con il suo paese sull'orlo della II Guerra Mondiale e disperatamente bisognoso di un leader, sua moglie, Elisabetta (Helena Bonham Carter), la futura Regina Madre, organizza al marito un incontro con l'eccentrico logopedista Lionel Logue (Geoffrey Rush). Dopo un inizio burrascoso, i due si mettono alla ricerca di un tipo di trattamento non ortodosso, finendo col creare un legame indissolubile.

USCITA CINEMA: 28/01/2011
REGIA: Tom Hooper
SCENEGGIATURA: David Seidler
ATTORI: Colin Firth, Guy Pearce, Helena Bonham Carter, Timothy Spall, Geoffrey Rush, Jennifer Ehle, Derek Jacobi, James Currie, Tim Downie, Michael Gambon, Anthony Andrews, Eve Best, Claire Bloom




La recensione del film
Con 14 nomination ai Bafta e 12 candidature agli Academy Awards (ne ha poi vinti quattro, n.d.R.), Il discorso del Re è una perfetta macchina da Oscar. Impeccabile, elegante, delicatamente ironico, a tratti malinconico, può fare affidamento su un impianto narrativo solido, su un terzetto di attori che padroneggiano perfettamente il proprio mestiere e su un protagonista – il re balbuziente Giorgio VI – costretto dagli eventi a combattere una durissima battaglia contro un handicap.
Queste caratteristiche, insieme al ritmo dolce del racconto e all'appeal che sempre possiedono le alterne vicende della monarchia britannica di ieri e di oggi, lo rendono rassicurante come solo i film in costume di provenienza britannica riescono ad essere.
Ora, il termine rassicurante non ha necessariamente una connotazione negativa, almeno per quanti non sentono costantemente il bisogno di un cinema disturbante. Nel caso dell'opera seconda di Tom Hooper non va confuso, per esempio, con due aggettivi che sempre più spesso definiscono i cosiddetti acchiappa-premi, e cioè ricattatorio e consolatorio. Il discorso del Re non è ricattatorio perchè non indugia mai sul dramma personale del povero sovrano per caso né rende il personaggio un santo. Al contrario, ne mostra l'irritabilità mista ad arroganza, lo snobismo e l'iniziale arrendevolezza. Pur regalando, inoltre, allo spettatore delle scene di forte impatto emotivo, conserva in ogni inquadratura e battuta una misura e un rigore che sono la conseguenza di un grande lavoro di regia e di sceneggiatura.
Ancor meno potremmo parlare di un film consolatorio, visto che la vicenda si svolge in uno dei momenti più difficili della storia d'Europa: un momento in cui la propaganda di Hitler minacciava follia collettiva e distruzione, e la guerra era imminente. Una zona temporale di precarietà, insomma, in cui la conservatrice e millenaria corona inglese si trovò per la prima volta di fronte alla pericolosa coincidenza fra pubblico e privato. Colpa della diffusione della radio, che rese ogni cosa politica e trasformò la politica in uno show.
In questo senso il dramma di Giorgio VI° fu proprio l'impossibilità di condurre questo show e di stare al passo con una modernità espressa anche dalla caotica e licenziosa esistenza di quell'Edoardo VIII che rinunciò al trono per amore di un'americana pluridivorziata.
Simili riflessioni rendono il film interessante e sottile, anche se il suo biglietto di prima classe per la celebrità è senza dubbio Colin Firth, attore di robusta formazione teatrale rimasto in sordina per molti anni e finalmente e prepotentemente uscito allo scoperto. E' sorpendente il lavoro che ha fatto sul personaggio: con la voce, diversa da quella abitualmente usata, e con il corpo, goffo, ingobbito, timido.
E cosa dire di Geoffrey Rush e della sua pefetta miscela fra sobrietà, istrionismo e tenerezza? Un ultima nota di merito va alla regia di Tom Hooper, che con la sua macchina da presa si incolla al protagonista, seguendolo per stanze e corridoi, e schiacciandolo in spazi angusti o accerchiandolo grazie a obiettivi appena deformanti.
Un'ultima notazione, anzi un consiglio: Il discorso del Re va visto in originale, a costo di aspettare che arrivi in quell'unica sala della città in cui ancora si privilegia la lingua di chi recita, tanto più se si tratta della lingua di Shakespeare.

(da: comingsoon)
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