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Citazioni sulla Disabilità/Integrazione

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integrazione - Citazioni sulla Disabilità/Integrazione Empty Citazioni sulla Disabilità/Integrazione

Messaggio Da kucy1 Mar Nov 24, 2009 6:18 am

Il requisito indispensabile per un professionista che lavora nell'autismo è molta immaginazione, e la capacità di mettersi nei panni della persona affetta da autismo, perché le persone affette da autismo hanno un pensiero diverso dal nostro, e un buon professionista deve essere in grado di calarsi nel loro modo di pensare. Quanto più noi riusciamo a metterci nei panni della persona affetta da autismo, tanto più riusciamo a capire i motivi dello stress e dei problemi di comportamento, e quali sono gli ostacoli che li causano e come rimuovere questi ostacoli: solo facendo così, mettendoci il più possibile nei panni della persona affetta da autismo, possiamo fare un piano educativo veramente individualizzato e su misura”.

Theo Peters



Ultima modifica di Maestra Gabriella il Lun Nov 12, 2012 4:56 pm - modificato 4 volte.

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Messaggio Da kucy1 Mar Nov 24, 2009 6:29 am

LA SCUOLA ELEMENTARE

Passò l’estate, la mia ultima estate da bambino piccolo. Mamma mi disse che avrei avuto una maestra tutta per me.
Io le risposi che se ogni bambino aveva una maestra la scuola doveva essere molto affollata.
"Non tutti i bambini, sciocchino, gli altri non ne hanno bisogno!" disse la mamma.
"Gli altri quali?" chiesi io.
"Quelli normali, povero bambino mio".
"Cosa vuol dire 'normali' mamma?"
"Normali vuol dire... come tutti gli altri".
Poi la mamma disse che doveva andare a pulire il bagno e scappò via in fretta.
Strano, mi pareva che avesse già finito di pulirlo.
Rimasto solo con Gabriele chiesi a lui cosa volesse dire normali.
Lui mi disse che se sei un gabbiano e vivi in mezzo altri gabbiani sei normale.
Se sei un gabbiano e vivi in mezzo ai cavalli non sei normale. La normalità non dipende da te ma dalle persone che ti circondano.



LA MAESTRA DI SOSTEGNO
Lei mi guardava senza ridere o dire con gli occhi quel 'poverino' che ormai avevo imparato a leggere così bene sul viso degli altri.
sembrava proprio un gabbiano come me.
smisi finalmente di fare passeggiate all'interno della scuola e iniziai ad imparare.
(...) non si stupiva dei miei progressi, sembrava che se li aspettasse.

da Come Gengis Khan, diario di Paolo, un ragazzo diversamente dotato, Mauro Barbero, Alessandro Borio, ed. Pendragon

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Messaggio Da Maestra Gabriella Ven Nov 27, 2009 1:35 pm

..CON GLI OCCHI DI UN BAMBINO VORREI GUARDARE IL MONDO.....

...“Essere autistici non significa non essere umani, ma essere diversi. Quello che è normale per altre persone non è normale per me e quello che io ritengo normale non lo è per gli altri. In un certo senso sono mal equipaggiato per sopravvivere in questo mondo, come un extraterrestre che si sia perso senza un manuale per sapere come orientarsi. Ma la mia personalità è rimasta intatta. La mia individualità non è danneggiata. Ritrovo un grande valore e significato nella vita e non desidero essere guarito da me stesso. Concedetemi la dignità di ritrovare me stesso nei modi che desidero; riconoscete che siamo diversi l’un dall’altro, che il mio modo di essere non è soltanto una versione guasta del vostro. Interrogatevi sulle vostre convinzioni definite le vostre posizioni. Lavorate con me per costruire ponti tra noi”.


Jim Sinclair
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Messaggio Da Maestra Gabriella Mer Set 08, 2010 5:35 pm

Salve sono un geranio

di: Claudio Imprudente



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Vi racconto di un mio recente incontro al Centro Documentazione Handicap di Bologna, dove lavoro. Erano presenti un gruppo di insegnanti tedeschi che ogni anno trascorrono una settimana nel bolognese per incontrare alcune realtà operanti nel sociale, come scuole e associazioni; solitamente l’ultimo giorno che trascorrono in Italia ci fanno visita per una chiacchierata di conoscenza.



Io preferisco sempre rendere attivi questi incontri, andare un po’ oltre le chiacchiere, giocare, così da far toccar con mano ciò di cui si sta parlando. Quest’anno avevo messo al centro della tavola una bellissima pianta e ho iniziato dicendo che quella pianta era il mio biglietto da visita. Ho raccontato come solitamente la mia presentazione ai convegni fosse “Salve, sono un geranio”. Immaginate lo stupore negli occhi dei tedeschi, lo sguardo perso ma attento di chi non capisce ma rimane concentrato per intuire dove voglio arrivare con i miei giochetti. Ho poi spiegato che mi presento così facendo memoria di ciò che era stato detto a mia madre al momento della mia nascita: “Signora, guardi, suo figlio è vivo, ma resterà per sempre un vegetale”. Allora io ho scelto come vegetale di essere una pianta di geranio.



Le facce dei tedeschi si facevano sempre più sconvolte e curiose nello stesso tempo. Uscendo dalla mia esperienza personale ho deciso di instaurare un dialogo che stimolasse anche il loro contributo sulla questione “pianta o persona?”



Si tratta infatti di una questione che non riguarda solo me, tutte le persone handicappate gravi vengono definite dei vegetali sin dalla nascita e così sono dunque costretti a presentarsi per il resto della loro vita. Dico spesso, a questo proposito, che sono contento di essere handicappato e di esserlo fino in fondo, così tutto si mette in discussione, si mette in crisi…altrimenti non mi sarei mai valso del titolo di geranio! Allora di fronte a questo dato di fatto chiedevo ai tedeschi di avanzare ipotesi o proposte concrete per trasformare queste piante in persone. Sono uscite un po’ tutte quelle solite cose che si fanno con una pianta: la si annaffia, la si tiene al sole, le si cambia la terra, la si concima. Ma non basta ancora, facendo tutto questo, assolutamente necessario, la pianta rimane sempre pianta. Allora escono le proposte più folli e, a mio avviso, anche un po’ patologiche: le si parla, la si tiene in compagnia, le si fa ascoltare la musica. Ok, ma sempre pianta rimane, forse più bella, forse anche un po’ più frustrata, ma sempre pianta è. I tedeschi non sanno più cosa dire, come gestire la situazione: si legge nei loro occhi lo smarrimento più totale. Decido di buttarmi e dare la soluzione dell’enigma che li sta rendendo sempre più pensierosi.



Tutto quello che è stato proposto appartiene a quella che si chiama assistenza, ma abbiamo visto come con la sola assistenza, seppur necessaria, la pianta rimane ancora pianta. Per farla diventare persona bisogna abbassarsi al suo livello, guardarla dritto negli occhi e instaurare con lei una relazione alla pari: ecco che la pianta diventa persona.



Non è comunque uno sforzo unilaterale!



La relazione alla pari si crea con il contributo di tutte le parti; in certe situazioni questo contributo è messo a disposizione incondizionatamente. Non lo trovate affascinante? Tutti sono capaci di fare assistenza, anche il Presidente del Consiglio fa assistenza, ma la pianta rimane pianta. Se non ci rapportiamo alla diversabilità nel giusto modo rischiamo di copiare un modello già vecchio, bisogna cambiare la cultura. Dobbiamo insomma fare un salto di qualità che è insieme politico e culturale. Attenzione però: se la persona diversabile non è disposta giocarsi in una relazione autentica, uscendo dalla logica del mero farsi aiutare, non otterremo una vera reciprocità.



Quasi mai si pensa che l’integrazione non è solo l’accoglienza da parte della “normalità” del “diverso”, ma anche il “diverso” deve accogliere la “normalità”.



Il diversabile deve accettare i propri deficit, averne consapevolezza, e fare in modo che l’handicap non influenzi negativamente il rapporto con un’altra persona, che a sua volta si sforza di fare altrettanto: entrambi devono accettare i propri limiti. Dobbiamo insomma fare tutti insieme, diversabili e normabili, un salto di qualità che è insieme politico e culturale. Perché la pianta diventi persona si deve pensare adulta, come diceva spesso il mio amico Mario Tortello. Per questo credo che l’anno duemilatre, anno europeo delle persone con disabilità, si presti bene ad essere un momento propizio per lavorare a questa cultura da cambiare e migliorare. Come ho già detto mille volte la parola disabilità proprio non mi piace, allora perché non trasformare il 2003 in “anno europeo della diversabilità”. Sarebbe l’occasione per fare un salto di qualità culturale e politico anche per chi si sente solo una persona portatrice di deficit. Ultimamente ho scoperto quanto sia importante mettere in rete tutte le idee e tutte le esperienze, allora ecco il mio indirizzo di posta elettronica: claudio@accaparlante.it. Se proprio poi volete innaffiarmi…fatelo con la birra Adelscott!



Claudio Imprudente

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Messaggio Da Maestra Gabriella Lun Set 13, 2010 7:42 pm

"Quelli che vanno nella mia scuola sono stupidi. Solo che non mi è permesso dirlo, anche se è vero. Vogliono che dica che hanno delle difficoltà nell’apprendimento o hanno delle esigenze particolari. Il termine tecnico esatto è Gruppo H.

Questa sì che è una cosa stupida, perchè tutti hanno dei problemi nell’apprendimento, perchè imparare a parlare Francese o capire il principio della Relatività è difficile, ed è altrettanto vero che ognuno ha delle esigenze particolari, come mio padre che deve portarsi dietro delle pillole di dolcificante da mettere dentro il caffè per non ingrassare, oppure la signora Peters che gira sempre con un apparecchio acustico color crema, o Siobhan che ha degli occhiali talmente spessi che ti fanno venire il mal di testa se li provi, e nessuna di queste persone viene classificata come Gruppo H, anche se hanno delle esigenze particolari."


tratto dal libro Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon.

integrazione - Citazioni sulla Disabilità/Integrazione 9788804547310g

Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon (Einaudi, 2003) è uno dei successi editoriali dell’anno. Il romanzo, tradotto in decine di lingue, è narrato in prima persona da un ragazzo con sindrome di Asperger che guarda il mondo sotto la specie della Matematica, al punto da numerare i capitoli del suo libro secondo la successione dei numeri primi.
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